SABATO CINEMA
Sabato 21
febbraio i ragazzi della scuola Nino Navarra hanno visto al cinema Esperia il
film “Biagio” nel quale viene raccontata la storia di Biagio Conte, chiamato “il
San Francesco siciliano”. Una storia straordinaria e una vita straordinaria,
quella di Biagio; e per straordinaria si intende la parola alla lettera, ovvero
“fuori dall’ordinario”.
Alla fine
della proiezione è stato possibile fare un applauso al regista Pasquale Scimeca
e all’attore protagonista, Marcello
Mazzarella.
Biagio Conte ha 27 anni quando nel 1990 lascia
la sua benestante famiglia palermitana, il suo lavoro e la sua donna
per andare a vivere come un eremita sulle Madonie. E dopo un lungo
percorso di ricerca di se stesso e di Dio, passando per Assisi, tappa
fondamentale del suo percorso, torna nella sua città, si ferma alla stazione,
si accorge dei poveri e dei senzatetto, e in un vecchio
disinfettatoio abbandonato dà vita alla Missione Speranza e Carità che
oggi accoglie centinaia di famiglie cui offre un letto, da mangiare
e da vestire, con il sostegno della generosità dei cittadini.
Costato
614mila euro, 160mila arrivati dalla Regione Sicilia, Biagio, il
nuovo film di Pasquale Scimeca, dal 2 febbraio esce nelle sale dopo i
numerosi Biagio Day in quelle siciliane. Racconta la vera storia di un San
Francesco dei giorni nostri e del suo viaggio alla ricerca della
fede visto da chi la fede non ce l’ha. Almeno “non ancora – ci dice il
regista siciliano – perché la fede è fiducia e come tale te la devi
conquistare. Il film è il tentativo di capire il percorso, reale e
simbolico, che ha portato Biagio alla decisione di dedicare la sua esistenza ai
poveri, agli ultimi, a chi non ha niente, agli esclusi
dalla società del consumismo. Perché, come accadde a San Francesco, è in
loro che ha trovato Dio”. Gli anni ottanta hanno imposto il consumismo sfrenato
e il divertimento a tutti i costi, e in Sicilia c’è la guerra di mafia,
ci sono i morti e ci sono i Corleonesi. “Il sangue scorreva sulle
strade, la paura e la violenza erano impresse sulle facce, sulle
cose, l’unico Dio era il denaro”, racconta Biagio in un lungo flashback
al vecchio giornalista Giovanni (Renato Lenzi) dopo tanti anni dalla sua
fuga, quando era scomparso senza salutare nessuno e la famiglia si era rivolta
pure a Chi l’ha visto. Ma “dovevo abbandonare me stesso, vivere un altro
me”, dice. Così se ne va da solo nei boschi a bere dai ruscelli e
a cibarsi di foglie.
“Si deve
morire, abbandonare un modello di vita per trovane un altro più umano – spiega
Scimeca – e anche oggi dovremmo cercare un nuovo rapporto con la natura
che ci faccia capire qual è la nostra vera dimensione umana, affrontando
il problema della povertà che rischia di far implodere l’umanità”.
Biagio
lascia il segno nel suo cammino, in ognuno che incontra: in Rosario
(Vincenzo Albanese) che sta per impiccare il suo cane. Ma lui lo
ferma e si prende l’animale, che battezza Libero. Da quel punto il pastore
è gentile con lui, gli offre da mangiare fino ad arrivare a chiamarlo
“fratello mio”. In Salvatore, suo figlio, che non va in paese
a divertirsi con gli amici perché deve badare al gregge anche di notte. Biagio
si offre al suo posto: lui gli regala il suo bastone e gli dice che è un amico.
E ancora: nell’uomo cui chiede riparo e cibo che gli punta un
fucile perché ha paura, che si scusa non appena lo fa entrare. In Michele,
che di notte prova a spaccargli la testa con una pietra per derubarlo. Poi
scoppia in lacrime e chiede perdono quando Biagio gli dice: “Io i miei soldi
te li volevo dare”. E in Nicola, che prima gli tira i sassi, poi
decide di non lasciarlo più.
“L’animo
umano è complesso – dice Scimeca – in ognuno di noi c’è il bene e il male, come
insegnano il Vangelo e i romanzi di Dostoevskij e di Céline,
il problema è far emergere la parte migliore, che è proprio il contrario di ciò
che avviene nella nostra società, lui ci riusciva con umiltà e amore”. Nel
ruolo di Biagio ritroviamo Marcello Mazzarella che nel 2000 fu per
Scimeca Placido Rizzotto e ritroviamo anche Corleone, regno di
quel Luciano Liggio che nel 1948 fece ammazzare il sindacalista
siciliano. Ma qui si vede da lontano, dall’alto dell’eremo francescano di San
Bernardo e guadandola Fra Paolo dice “qui il male è radicato
dentro”.
“Questo film
in realtà nasce un po’ a Corleone – racconta Scimeca – perché è lì che mentre
giravamo Placido Rizzotto ho conosciuto il vero Fra Paolo, oggi
missionario in Tanzania, grazie al quale ho cominciato a capire che
nella vita oltre alla dimensione materiale c’è anche quella spirituale
e che va cercata”.
Dunque è un
po’ il regista che parla quando nel finale Giovanni confessa a Biagio
che da ragazzo sognava di fare un film “che fosse bello e che aiutasse la gente
a salvarsi”? “L’intento era quello – risponde – l’arte non può limitarsi alla
ricerca del bello, ma deve avere dei contenuti utili per chi ne usufruisce”.
Queste sono foto del vero Biagio Conte assieme al regista Pasquale Scimeca.
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